Indagini in corso

Cinque educatrici sotto avviso di garanzia per la morte di Leonardo al nido di Soci

La procura indaga per chiarire le circostanze dell'incidente e valutare la possibilità di un salvataggio del piccolo.

Cinque educatrici sotto avviso di garanzia per la morte di Leonardo al nido di Soci

Il pomeriggio del 14 novembre ha segnato un momento cruciale nelle indagini sulla tragica morte di Leonardo Ricci, il bimbo che ha perso la vita nel giardino del nido di Soci.

Cinque educatrici hanno ricevuto avvisi di garanzia per omicidio colposo, un passaggio necessario che consente loro di partecipare agli accertamenti e che segna un punto di svolta nella ricostruzione degli eventi. Tra le indagate figura anche l’educatrice che, subito dopo l’incidente, ha accusato un malore ed è stata trasportata all’ospedale di Bibbiena.

Il ritardo nei soccorsi

Il fascicolo è stato affidato alla pm Angela Masiello e alla procuratrice di Arezzo Gianfederica Dito, e si concentra su un aspetto ritenuto cruciale dagli investigatori della compagnia dei carabinieri di Bibbiena: il ritardo nel riconoscere l’incidente e nel dare l’allerta.

Secondo la ricostruzione preliminare, Leonardo sarebbe rimasto impigliato con la felpa a un piccolo albero del giardino, perdendo il respiro senza che nessuno se ne accorgesse fino al momento della conta per il rientro a pranzo.

Permane però un interrogativo che resta senza risposta: quanto tempo è passato prima che qualcuno notasse l’assenza del bambino?

Le risposte potrebbero arrivare solo dall’autopsia, disposta dalla procura e prevista per l’inizio della prossima settimana. Il nido “Ambarabà ciccì coccò” ospita sessanta bambini e dispone di un organico di sedici persone, tra cui undici educatrici.

La posizione della cooperativa Koinè

Nel medesimo momento in cui sono stati emessi gli avvisi di garanzia, la cooperativa sociale Koinè, che gestisce il nido e rappresenta una delle strutture più consolidate nel territorio, ha diffuso una nota per chiarire la composizione del personale presente quel giorno. Al momento dell’incidente, erano presenti quattordici operatori: otto educatrici, quattro assistenti, il cuoco e l’aiuto cuoca. Una dotazione, secondo la cooperativa, che risponde pienamente agli standard di sicurezza e vigilanza richiesti.

Koinè ha anche specificato che l’alberello a cui il piccolo sarebbe rimasto impigliato non era un semplice elemento decorativo, ma parte di un percorso educativo nel boschetto adiacente, utilizzato per le attività didattiche all’aperto.

Nel frattempo, è stata avviata un’indagine interna per ricostruire autonomamente l’accaduto, con l’impegno di condividere ogni informazione utile con le autorità. L’ente riconosce di non avere responsabilità penali per eventuali comportamenti scorretti dei dipendenti, ma non esclude un possibile coinvolgimento sul piano civilistico in caso di omissioni accertate.

Le ultime ore di Leonardo

Dalle prime testimonianze raccolte dai soccorritori emerge un quadro tragico ma chiaro: Leonardo avrebbe tentato di arrampicarsi sul piccolo albero del giardino. Il laccio della felpa si sarebbe impigliato, stringendo il collo del bambino in un cappio improvviso e impedendogli di respirare.

Quando il personale sanitario è giunto al nido, ha tentato di rianimare il piccolo per oltre un’ora. Ogni manovra è stata prolungata fino all’ultimo, ma il quadro clinico era già compromesso. Nonostante gli sforzi, per Leonardo non c’è stato nulla da fare.

Il caso ora passa nelle mani degli inquirenti, che dovranno chiarire la sequenza degli eventi e il coinvolgimento di ciascun operatore in un episodio che ha profondamente scosso l’intera comunità.